Fassino vs Albanese: l’Italia è dalla parte sbagliata della storia quando si parla di Palestina?

Articolo pubblicato originariamente su Middle East Monitor e tradotto dall’inglese dalla redazione di Bocche Scucite

Di Ramzy Baroud

La relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla Palestina Francesca Albanese [HillelNeuer/twitter].

La nuova relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967, Francesca Albanese, si trova di fronte a un compito colossale. Dovrà difendere i diritti umani dei palestinesi in un’istituzione politica che, per ora, è largamente dominata dagli Stati Uniti e dai loro alleati occidentali.

Un recente scambio di opinioni nel Parlamento italiano è stato una testimonianza di questa affermazione. Il 6 luglio, la Commissione Affari Esteri del Parlamento italiano ha tenuto una sessione informale con Albanese per discutere le risoluzioni parlamentari sul rilancio del “processo di pace” in Medio Oriente. La commissione era presieduta da Piero Fassino, politico italiano del Partito Democratico.

Fino a poco tempo fa, il partito di Fassino faceva parte della coalizione di governo italiana guidata da Mario Draghi. Fassino è già noto per il suo sostegno a Israele. Nel 2009, durante la guerra israeliana a Gaza, ha partecipato a un evento organizzato dalla Comunità ebraica di Roma, dove ha incolpato i palestinesi per la guerra, dichiarando: “La responsabilità (della guerra) è di Hamas, un’organizzazione che nega a Israele il diritto di esistere”. Le sue parole sono state accolte da un grande applauso.

Ma, a prescindere dall’agenda pro-Israele di Fassino, era la stessa Albanese a essere sotto processo. Ha trascorso anni a ricercare, scrivere e sostenere i diritti dei rifugiati, con particolare attenzione ai rifugiati palestinesi. Il suo libro, Palestinian Refugees In International Law, scritto insieme a Lex Takkenberg, è una lettura obbligata per chi vuole capire i diritti legali dei rifugiati palestinesi secondo il diritto internazionale.

Purtroppo, Fassino non l’ha vista così. Dopo la sua introduzione, in cui ha cercato di confondere le violazioni israeliane del diritto internazionale con la mancanza di democrazia della leadership palestinese, è stata data la parola ad Albanese. Nella sua relazione orale, l’esperta di diritto internazionale ha illustrato la realtà attuale dei palestinesi sotto l’occupazione israeliana, articolando al contempo la rilevanza del diritto internazionale rispetto alle violazioni sistematiche dei diritti dei palestinesi da parte di Israele.

“C’è bisogno di attori internazionali che siano in grado di portare avanti un processo di costruzione della pace, (…) che coinvolga anche l’Europa e l’Italia”, ha detto Albanese. “Vorrei quindi offrire due spunti di riflessione: uno, la necessità di contestualizzare la situazione attuale; l’altro, di vederla attraverso il prisma del diritto internazionale”.

“Non si tratta propriamente di un conflitto”, ha proseguito Albanese. “La realtà è che c’è un’occupazione militare, iniziata 55 anni fa, che si è trasformata in uno strumento di colonizzazione. E, quando dico ‘colonizzazione’, mi riferisco al significato giuridico della parola, nel tentativo di lasciare fuori dalla discussione ogni componente ideologica”.

Fassino si è subito messo sulla difensiva. Prima ha attaccato Albanese, accusandola di non essere imparziale. Poi ha elaborato una visione fittizia della storia. Nella versione di Fassino la Nakba, la catastrofica distruzione della patria storica palestinese, è del tutto assente. Per lui, l’espropriazione di quasi un milione di palestinesi dalla loro terra e la distruzione di quasi 500 città e villaggi tra il 1947-48 non meritano di essere menzionate.

Invece, ha incolpato i palestinesi, non il movimento sionista e, successivamente, Israele, per la loro miseria. “Perché lo Stato di Palestina non è stato fondato?”, ha chiesto retoricamente prima di offrire una risposta: “Perché i palestinesi e altri Paesi arabi non accettarono la spartizione del Mandato britannico e scatenarono una guerra contro Israele. Non possiamo dire che non è stato creato perché qualcuno ne ha impedito la creazione. Questa è la storia. Ci sono responsabilità precise”.

Una volta terminata la sua infondata analisi storica, Fassino ha dedicato una parte del suo discorso a liquidare completamente il diritto internazionale, sostenendo che: “Una questione così complicata può essere risolta solo sulla base dello Stato di diritto è un’illusione astratta”.

Questa affermazione oltraggiosa richiede di per sé un’indagine seria, poiché proviene da un legislatore il cui compito è quello di tutelare la legge del suo Paese, dando rilievo alla centralità del diritto internazionale.

Alcuni giorni dopo la seduta parlamentare e le bizzarre dichiarazioni di Fassino, Albanese ha scritto una rubrica sul quotidiano italiano Il Manifesto, dove ha espresso serie preoccupazioni sulla difficoltà di tenere una conversazione ragionevole sulla Palestina, non solo nelle istituzioni statali, ma in Italia nel suo complesso.

“L’idea che il diritto internazionale sia vincolante per i nostri nemici e facoltativo per i nostri alleati è una pericolosa interpretazione del concetto di autonomia della politica; (un’interpretazione) che io, come giurista, devo condannare”, ha scritto nell’articolo “Parlare di Palestina in Italia è impossibile, anche in Parlamento”.

Fassino ha subito replicato, sempre su Il Manifesto. Nonostante la sua affermazione di “lottare per una pace giusta” e di credere nella soluzione dei due Stati, ha riproposto i soliti cliché sionisti secondo cui Israele sarebbe: “Un Paese democratico… (Israele è) un Paese a cui, per lungo tempo, è stato negato (il diritto di esistere) dai suoi vicini… È sbagliato ritenere responsabile solo Israele… Trovo difficile accettare la definizione di Israele come Paese razzista…”.

Ahimè, le illusioni di Fassino non sono un’eccezione tra i politici, l’intelligenzia e i media italiani, ma la norma. È piuttosto triste ciò che è accaduto all’Italia negli ultimi decenni. Questo è un Paese che ha goduto di una potente circoscrizione socialista che, nel corso degli anni, ha sostenuto la Palestina e i palestinesi, nonostante le pressioni statunitensi e occidentali.

Per tutti gli anni ’80, l’atteggiamento del governo italiano è stato apertamente filo-palestinese, almeno rispetto ad altri Paesi dell’Europa occidentale. Questo portò spesso a scontri in politica estera con Israele e i suoi benefattori statunitensi, soprattutto durante la cosiddetta Crisi di Sigonella del 1985.

Durante un discorso al Parlamento italiano, il Presidente del Consiglio socialista Bettino Craxi arrivò a difendere il diritto palestinese alla lotta armata.

Nel 1982, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini parlò a lungo dell’orrore del massacro di Sabra e Shatila nel suo tradizionale discorso di fine anno alla nazione.

Il fatto che uno dei principali fan club della AS Roma, una delle squadre di calcio più amate d’Italia, si chiami “Fedayn”, in riferimento ai combattenti per la libertà palestinesi, la dice lunga su come la solidarietà pro-Palestina sia penetrata in ogni aspetto della società italiana nel corso dei decenni.

Negli ultimi anni, tuttavia, le cose hanno cominciato a cambiare. Il sentimento pro-Israele è cresciuto esponenzialmente in molti settori della vita italiana, soprattutto nel governo e nei media. La lobby pro-Israele è ora un attore significativo nella politica italiana. Persino il mondo accademico italiano, un tempo esempio di pensiero politico radicale – dopo tutto, Antonio Gramsci è italiano – ora rigurgita di spazzatura orientalista e di propaganda filo-israeliana.

Per quanto strano possa essere, Fassino è stato membro del Partito Comunista Italiano prima di diventare un apologeta di Israele e del sionismo.

C’è comunque speranza. Dopo tutto, la stessa Albanese è italiana. Inoltre, i gruppi di solidarietà italiani stanno crescendo a passi da gigante, sfidando l’ideologia sionista che ora affligge le classi dirigenti italiane.

Voltando le spalle alla Palestina, l’Italia volterebbe le spalle alla sua storia, definita da una lotta esistenziale contro il fascismo e il nazismo. Se Fassino avesse compreso la propria storia, avrebbe anche capito che la lotta palestinese contro il sionismo è essenzialmente la stessa storia dell’Italia che si ripete. Purtroppo Fassino, volente o nolente, si trova ora dalla parte sbagliata della storia.

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