Gaza al buio

Articolo pubblicato originariamente sulla newsletter sul Medio Oriente di Internazionale a cura di Francesca Gnetti

“Ma quale elettricità?”. Così il maestro di Gaza Abdullah Mortaja commenta all’Afp la decisione presa da Israele il 9 marzo di bloccare l’unica linea elettrica che collega il territorio palestinese. Come spiega Al Jazeera, la Striscia di Gaza è rimasta elettricità già dal 7 ottobre 2023, quando Israele ha interrotto le forniture dopo gli attacchi condotti da Hamas. Di notte nel territorio regna l’oscurità più totale. Un’altra abitante, Baha al Helou, conferma all’Afp che le condizioni di vita sono tornate indietro di cinquant’anni: “Dipendiamo dalla legna, dal fuoco e dalle candele”.

Nell’ultimo anno e mezzo la fonte principale di elettricità per la Striscia di Gaza sono i generatori e quello che resta dei pannelli solari non danneggiati o distrutti dai bombardamenti israeliani. Lo scorso novembre però Israele aveva autorizzato la riattivazione di una delle circa dodici linee elettriche ad alta tensione in funzione prima della guerra. Questo ha consentito di riavviare un impianto di desalinizzazione dell’acqua per rifornire circa 600mila civili sfollati nel centro e nel sud della Striscia, un quarto dell’intera popolazione del territorio. Ma è durata poco. Il 10 marzo gli operai hanno riempito grandi serbatoi con l’acqua trattata prima dell’interruzione della corrente, che ha portato a un blocco quasi totale dell’impianto. Ai palestinesi non resta che bere l’acqua salmastra e contaminata dei pozzi, mentre Israele blocca l’ingresso degli aiuti umanitari dall’inizio di marzo.

Le organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno condannato l’ultima decisione israeliana, che peggiora una crisi umanitaria già catastrofica e viola il diritto internazionale, in base al quale le punizioni collettive contro le popolazioni civili sono vietate. Hamas ha reagito denunciando “un ricatto inaccettabile”. Secondo Al Jazeera si tratta di “un altro tentativo” d’Israele di “costringere Hamas ad accettare le modifiche che vuole imporre ai termini della tregua”.

Ieri sono cominciati a Doha, in Qatar, i negoziati indiretti tra Israele e Hamas per il proseguimento della tregua nella Striscia di Gaza, in vigore dal 19 gennaio. La prima fase dell’accordo è scaduta il 1 marzo e le due parti hanno posizioni diverse sui passi successivi da compiere. Hamas vuole procedere alla seconda fase, che prevede un cessate il fuoco permanente, il ritiro completo dell’esercito israeliano da Gaza e la liberazione degli ultimi ostaggi in mano ai miliziani. Israele invece vuole un’estensione della prima fase fino a metà aprile e, per passare alla seconda, pretende la smilitarizzazione totale del territorio, lo scioglimento di Hamas e il rilascio degli ostaggi.

Anche se non sono in corso combattimenti nella Striscia di Gaza, l’aviazione israeliana conduce bombardamenti quasi quotidiani sul territorio. Ieri sono morte sei persone nel centro e nel sud della Striscia, mentre l’esercito israeliano ha ucciso altri quattro palestinesi durante la sua operazione militare a Jenin, nella Cisgiordania occupata.

Paola Caridi ha parlato della situazione nella Striscia di Gaza nella puntata di ieri del podcast il Mondo.

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