Giorno 2 – la rivoluzioni nelle carceri

Proprio come a Gaza anche nelle carceri israeliane si sta consumando un vero e proprio genocidio. Dal 7 ottobre la ferocia di Israele si è abbattuta anche contro i prigionieri” ci racconta J. dell’organizzazione Ad-dameer, per il supporto dei prigionieri e per i diritti umani, che incontriamo a Ramallah in una calda giornata di fine maggio.
“Nell’ultimo anno e mezzo sono state arrestate oltre 17.000 persone, senza considerare tutti quei gazawi portati a forza nelle carceri israeliane di cui non si sa più nulla. Al momento ci sono 10.100 prigionieri di cui 4000 in detenzione, senza capo d’accusa, 36 donne e 400 bambini. Spesso in carcere per anni con l’accusa di aver tirato sassi. Vengono presi, picchiati, portati in veicoli, attaccati verbalmente e fisicamente, disorientati, subiscono abusi fisici e psicologici, lasciati in cella per giorni senza cibo, in stanze sovraffollate. Nessuno escluso, nemmeno i minori, i malati gravi, i feriti. Dal 7 ottobre sono morte oltre 70 palestinesi in carcere, torturati e lasciati morire senza cure mediche. I racconti dalle carceri sono raccapriccianti. Palestinesi costretti a mangiare a quattro zampe, mentre emettono versi animaleschi filmati dai soldati; torture di ogni tipo, violenze sessuali con oggetti contundenti; e sangue e rumore di ossa spezzate, corpi lasciati marcire senza cura”.
“Come posso dire a una madre che ha appena perso il figlio lasciato morire di stenti in una prigione israeliana? Come posso consolarla sapendo che non potrà nemmeno più riabbracciarne il corpo senza vita?” si domanda S., avvocata di Ad-dameer, non appena le arriva la notizia dell’ennesimo palestinese morto in carcere. “Che parole posso trovare per alleviare il suo dolore? Con che coraggio posso guardarla negli occhi?”
Eppure nonostante le torture, gli abusi, le violenze disumane, i prigionieri continuano tutti a parlare, a denunciare i trattamenti disumani a cui sono sottoposti.
“In carcere è in corso una vera e propria rivoluzione. Nonostante le guardie ascoltino tutto quello che i palestinesi dicono ai loro avvocati in carcere e li puniscano per le testimonianze che fanno, i prigionieri non smettono di parlare e di denunciare. Il loro è un urlo di resistenza, di giustizia e di verità che noi abbiamo il dovere di amplificare. Noi siamo la loro voce. Il mondo deve sapere”.

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