Un giuramento di fedeltà alla supremazia ebraica

Articolo pubblicato originariamente su Haaretz e tradotto dall’inglese da Beniamino Rocchetto

Il processo di trasformazione dello Stato di Israele da una democrazia che soffre sotto il peso dell’Occupazione, in un’Occupazione che soffre il peso di una democrazia, sta avanzando lungo diversi percorsi. L’approvazione della Legge sullo Stato-Nazione, che ha gettato le basi per quell’etnocrazia ebraica, è stato il passo più importante compiuto finora in questa direzione.

La “riforma” giudiziaria dovrebbe sostituire l’infrastruttura del governo per garantire la supremazia ebraica e l’inferiorità araba in Israele, e gettare le basi giuridiche per l’annessione dei Territori Occupati e l’instaurazione di un regime di Apartheid (su un unico territorio con due sistemi giuridici, uno per gli ebrei e uno per gli arabi). Allo stesso tempo, Israele continuerebbe a promuovere test di lealtà per i suoi cittadini per individuare la popolazione minoritaria, limitarne il raggio d’azione, escluderla, declassarne lo stato civile e danneggiarne la rappresentanza politica.

Domenica scorsa, il Comitato Ministeriale per la Legislazione ha dato il suo assenso a un disegno di legge presentato dal Ministro degli Esteri Eli Levy che richiederebbe ai titolari di cariche che comportano la rappresentanza di Israele all’estero di dichiarare, come condizione per la loro nomina, che riconoscono Israele come Stato Ebraico e democratico. Ciò si aggiunge all’attuale dichiarazione che li impegna a “rimanere fedeli allo Stato di Israele e alle sue leggi, e ad adempiere onestamente e fedelmente a ogni obbligo che gli è stato affidato in quanto dipendenti dello Stato”.

In altre parole, la lealtà allo Stato di Israele, come a qualsiasi Paese normale, non è sufficiente. Ora sarebbe richiesta la lealtà allo Stato come definita da chi è al potere in quel momento. Sarebbe soggetto all’interpretazione politica di coloro che sono stati eletti per quattro anni, ma che si considerano autorizzati a decidere per sempre il carattere del Paese.

Non cadiamo in errore: “Stato Ebraico” è un termine in codice per la discriminazione a favore della maggioranza ebraica, a scapito della minoranza araba. Non importa quanto la parola “democratico” sia attaccata alla parola “ebraico”, non oscurerà il chiaro obiettivo del requisito nel disegno di legge: garantire l’ebraicità dei principali funzionari, o almeno la volontà degli arabi che cercano di rappresentare Israele di rispettare la supremazia ebraica del loro Paese e ostacolare coloro che non lo fanno. Un esempio è l’allora parlamentare di Meretz alla Knesset Ghaida Rinawie Zoabi, che l’allora Ministro degli Esteri, Yair Lapid, voleva nominare console a Shanghai.

In un Paese democratico normale e ben funzionante, basterebbe essere leali allo Stato e alle sue leggi. È così che è stato in Israele per molti anni. Ma non è così che sarebbe nel Paese che sognano i membri della coalizione razzista, nazionalista, messianica e antidemocratica ora al potere, e stanno lavorando per trasformare il loro sogno in realtà. Che sia ebreo o arabo, qualsiasi cittadino israeliano che abbia avuto preoccupazioni per l’uguaglianza nel Paese deve opporsi a questi terribili disegni di legge e al governo di distruzione che li sta legiferando.

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