Articolo pubblicato originariamente su Haaretz e tradotto dall’inglese da Beniamino Rocchetto
Mohammed Hasanain è diventato disabile quattro anni fa quando i soldati israeliani gli hanno sparato a una gamba durante una protesta a Ramallah. Durante una manifestazione scatenata dalla recente invasione dell’IDF nel campo profughi di Jenin, è stato colpito e ucciso.
Di Gideon Levy e Alex Levac

Un padre in lutto è seduto da solo in un appartamento nuovo e vuoto in un quartiere residenziale della città di Ramallah, in Cisgiordania, ricordando le disgrazie che lo hanno colpito dall’inizio dell’anno. La voce di Imad Hasanain, 47 anni, originario della Striscia di Gaza che presta servizio come agente dei servizi di sicurezza palestinesi, è distaccata. Questo è stato “l’anno nero” di Hasanain.
Il 6 febbraio ha perso sua figlia, Noor al-Huda, di appena 14 anni. Era rimasta completamente paralizzata dopo un incidente stradale quando aveva 6 anni e viveva collegata a un respiratore; negli anni successivi era stata confinata all’Ospedale Riabilitativo di Reuth a Tel Aviv e in una serie di altre strutture pediatriche in Israele. Suo padre dedicava la maggior parte del proprio tempo a prendersi cura di lei. Noor al-Huda è spirata nella sua casa di Ramallah per complicazioni respiratorie. Suo padre ci mostra le foto della figlia prima e dopo l’incidente. Tre settimane dopo la morte della figlia di Imad, sua nonna, Zarifa, 95 anni, è morta nel campo profughi di Jabalya nella Striscia di Gaza. Quattro mesi dopo, sua madre, Azaya, morì a Jabalya all’età di 62 anni. Quella, tuttavia, non fu l’ultima delle sue perdite.
Imad, affiliato al movimento Fatah, è stato separato dalla sua famiglia quando fu costretto a fuggire da Gaza a seguito della presa del potere da parte di Hamas, e si è trasferito a Ramallah. Due anni dopo, è riuscito a portare sua moglie e 11 figli in quella città della Cisgiordania, ma il resto della sua famiglia allargata è rimasto nella prigione a cielo aperto nota come Striscia di Gaza. Naturalmente non ha potuto partecipare al funerale di sua nonna e di sua madre. Non mette piede a Gaza dal 16 febbraio 2007.
E poi, la scorsa settimana, una quarta disgrazia ha colpito Imad, forse la più bruciante di tutte. Suo figlio Mohammed, 21 anni, divenuto disabile quando i soldati delle Forze di Difesa Israeliane gli hanno sparato cinque volte alla gamba destra nel 2019, è stato colpito di nuovo dall’esercito israeliano, questa volta in modo fatale. È difficile credere che il soldato che gli ha tolto la vita non abbia visto le condizioni del giovane: Mohammed è stato ucciso mentre saltava su una gamba verso la sua auto. Non poteva usare la gamba ferita e si muoveva con le stampelle o saltellando. Ora suo padre è seduto nel nuovo appartamento che ha comprato di recente per la sua famiglia, guardando nel vuoto. Un padre in lutto per la seconda volta.
Nella prima mattinata di lunedì 3 luglio, i social media di Ramallah hanno esortato i palestinesi a scendere in piazza e protestare mentre l’IDF lanciava la sua incursione nel campo profughi di Jenin. A quel punto, quasi 10 palestinesi erano stati uccisi e nelle strade erano evidenti danni devastanti. Dimostrazioni sono state organizzate in varie zone della Cisgiordania. La protesta di Ramallah finì per concentrarsi all’ingresso Nord della città, adiacente alla città di El Bireh, in un sito noto come City Inn Square (dal nome dell’Hotel adiacente), fino all’Ufficio di Coordinamento Distrettuale Congiunto o l’Ayosh di Giudea e Samaria, a seconda di chi lo nomina, dove sventola sempre una grande bandiera palestinese. Dall’altra parte ci sono gli uffici dell’Amministrazione Civile israeliana; l’insediamento di Beit El è visibile a Nord.
Mohammed ha letto delle manifestazioni mentre era seduto nel nuovo appartamento, nel quartiere di Masayef; si erano trasferiti lì dalla loro casa sopra City Inn Square, alloggi destinati agli sfollati di Fatah da Gaza. Qualche mese fa, Imad ha acquistato il locale nella nuova torre residenziale. Ha anche un appartamento al piano terra nel palazzo dove, per arrotondare il reddito, gestisce un’attività di imbottigliamento di ammorbidente. È stato lì che l’abbiamo incontrato per la prima volta questa settimana, tra le bottiglie profumate e colorate.
Mohammed ha deciso di andare a vedere la protesta locale contro la violenza a Jenin, dice suo padre. Nel 2018, durante una manifestazione nello stesso luogo, un soldato aveva sparato all’allora sedicenne Mohammed ad una gamba, ferendolo leggermente. Un anno dopo, quando era in terza superiore, fu colpito alla gamba da cinque proiettili, rimanendo lesionato apparentemente in modo irreparabile. È stato arrestato con l’accusa di lancio di una bottiglia incendiaria e fu condannato, in un patteggiamento, a diversi mesi di carcere.
Alla fine di quell’anno Mohammed è stato rilasciato ma è impossibilitato a lavorare a causa della sua disabilità. All’inizio andava in giro su una sedia a rotelle, ma se ne è sbarazzato all’inizio di quest’anno. Recentemente suo padre ha preso un prestito di circa 100.000 Shekel (25.500 euro) e ha comprato a suo figlio disabile una Hyundai Venue del 2021. Il Ministero della Sanità palestinese ha classificato Mohammed come disabile all’80%, quindi Imad avrebbe dovuto ricevere un’esenzione fiscale sul veicolo, anche se questo non era ancora avvenuto al momento della morte del figlio.
Mohammed ha suggerito ai suoi due fratelli, Anas, 22 anni, e Naal, di 17, di andare tutti e tre alla manifestazione con la sua auto. Erano circa le 2:30 del mattino di lunedi. Lungo la strada hanno fatto salire un amico di Naal, il diciassettenne Maher, e i quattro si sono diretti verso il centro di Ramallah, da dove i manifestanti sono partiti a piedi per raggiungere l’uscita Nord della città. A loro si è unito un altro amico, Jawad, che è arrivato con la sua auto. Queste informazioni sono state raccolte da Iyad Hadad, il ricercatore sul campo dell’area di Ramallah per l’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem, che ha indagato a fondo sugli eventi di quella notte.
Nel centro della città, le forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese hanno cercato di disperdere i manifestanti prima che potessero partire. Per evitare gli agenti, alcuni dei giovani si sono diretti in piccoli gruppi verso il luogo abituale degli scontri, City Inn Square, dove il terreno è intriso del sangue di molti manifestanti. Mohammed ha parcheggiato lì la sua auto in maniera che fosse rivolta verso il centro di Ramallah, in modo da consentire loro di uscire rapidamente se le cose dovessero essere andate fuori controllo, come di solito accade. Erano passate le 3 del mattino e alcune decine di persone si erano radunate sul posto. Stavano arrivando altri manifestanti, ma le cose erano ancora tranquille.
Mohammed è salito sul sedile posteriore dell’auto di Jawad, che era parcheggiata dietro la sua, in attesa di sviluppi. Nel frattempo, Naal e Maher sono andati alla vicina stazione di servizio per comprare bibite e dolci. Verso le 3:30, la quiete è stata improvvisamente interrotta. Una raffica di colpi di arma da fuoco è stata udita provenire dalla direzione delle truppe dell’IDF schierate vicino agli uffici dell’Amministrazione Civile. Infatti, in precedenza, i giovani palestinesi avevano notato alcuni soldati vicino alle barriere di cemento da dietro le cui stavano sparando, che sono state erette in modo permanente in un campo aperto a Nord della piazza. Secondo le indagini di Hadad, non c’erano state sparatorie da parte dei palestinesi prima che i soldati aprissero il fuoco. Il ricercatore sul campo sospetta che le truppe israeliane stessero usando il fuoco vivo per disperdere la manifestazione prima che raggiungesse il suo apice, forse sparando a caso a uno dei manifestanti, uno stratagemma che interrompe sempre tali raduni. Questa volta l’obiettivo era Mohammed.
La gente in piazza ha infatti iniziato a correre per salvarsi la vita e le macchine sono partite in ogni direzione. Mohammed scese rapidamente dall’auto di Jawad saltellando su una gamba verso la sua Hyundai. Naal è arrivato di corsa dalla stazione di servizio, filmando gli eventi mentre correva. Mohammed ha aperto la portiera della sua macchina e stava per entrare, quando sono stati sparati due colpi, contro di lui e contro Naal. Il primo proiettile fischiò oltre l’orecchio di Naal ma non lo colpì; il secondo è entrato nel cranio di Mohammed da un lato ed è uscito dall’altro. È crollato all’istante, il sangue schizzava dappertutto.
Un video girato a distanza da un testimone oculare mostra immagini raccapriccianti di Mohammed trasportato da giovani mentre il suo sangue si riversa a terra. Le macchie di sangue erano ancora visibili questa settimana nel punto in cui è caduto. Naal gridò: “akhi, akhi!”; fratello mio, fratello mio, ma invano. Suo fratello era già spirato. I paramedici di un’ambulanza arrivata sul posto hanno tentato di rianimarlo e gli sforzi sono proseguiti successivamente, presso l’Ospedale Governativo di Ramallah, dove è stato dichiarato il decesso.
Questa settimana l’Unità del Portavoce dell’IDF ha fornito ad Haaretz il seguente oltraggioso e scandaloso resoconto dell’incidente: “Un violento disturbo dell’ordine si è sviluppato durante la notte del 3 luglio vicino a Ramallah, durante il quale i sospetti hanno bruciato un certo numero di pneumatici e lanciato petardi contro un’unità IDF. In risposta, le truppe hanno utilizzato mezzi di dispersione della folla ed esploso colpi d’arma in aria. Successivamente è stata denunciata la morte di un palestinese. A seguito dell’incidente, è stata avviata un’indagine della Polizia Militare. Alla sua conclusione i risultati saranno trasmessi all’Ufficio del Procuratore Generale Militare per un ulteriore esame”.
Le truppe “hanno sparato in aria”? Non c’è dubbio che nessun soldato fosse in pericolo di vita durante l’episodio. I petardi, se ce ne sono stati, devono essere stati lanciati da lunga distanza, le gomme sono state incendiate abbastanza lontano, e Mohammed è stato colpito alla testa da un soldato con munizioni letali, da una distanza di 150 metri.
L’ultima foto di Maometto è stata scattata sulla riva del Mar Morto, dove era andato in gita due giorni prima della sua morte. Circa due ore prima di dirigersi alla manifestazione, sua sorella minore Zinab gli chiese di portarla a fare un giro in macchina, ma Mohammed le ha detto che era già tardi e che fuori era pericoloso.
Gideon Levy è editorialista di Haaretz e membro del comitato editoriale del giornale. Levy è entrato in Haaretz nel 1982 e ha trascorso quattro anni come vicedirettore del giornale. Ha ricevuto il premio giornalistico Euro-Med per il 2008; il premio libertà di Lipsia nel 2001; il premio dell’Unione dei giornalisti israeliani nel 1997; e il premio dell’Associazione dei Diritti Umani in Israele per il 1996. Il suo nuovo libro, La punizione di Gaza, è stato pubblicato da Verso.
Alex Levac è diventato fotografo esclusivo per il quotidiano Hadashot nel 1983 e dal 1993 è fotografo esclusivo per il quotidiano israeliano Haaretz. Nel 1984, una fotografia scattata durante il dirottamento di un autobus di Tel Aviv smentì il resoconto ufficiale degli eventi e portò a uno scandalo di lunga data noto come affare Kav 300. Levac ha partecipato a numerose mostre, tra cui indiani amazzonici, tenutesi presso l’Università della California, Berkeley; la Biennale israeliana di fotografia Ein Harod; e il Museo di Israele a Gerusalemme. Ha pubblicato cinque libri.
[…] dalla “devastazione che si è dispiegata davanti agli occhi del mondo”. ( https://bocchescucite.org/difendere-la-dignita-e-la-presenza-del-popolo-di-gaza/ ) Mai così espliciti e rinunciando…
Grazie per il vostro coraggio Perché ci aiutate a capire. Fate sentire la voce di chi non ha voce e…
Vorrei sapere dove sarà l'incontro a Bologna ore 17, grazie
Parteciperò alla conferenza stampa presso la Fondazione Basso il 19 Mercoledì 19 febbraio. G. Grenga
Riprendo la preghiera di Michel Sabbah: "Signore...riconduci tutti all'umanità, alla giustizia e all'amore."