Dalla Palestina – giorno 1

Una piccola delegazione di Bocche Scucite si è recata in questi giorni in Palestina.

Ramallah, giorno 1 /  26 febbraio
“Ci ho messo 15 ore per fare 70 km. Sono partito da Nablus all’una del pomeriggio e sono arrivato a Ramallah alle 4 di notte. Israele ci sta togliendo la sovranità di ogni minimo aspetto della nostra vita, dallo spazio al tempo”.
Quella che ci racconta Mahmoud è ormai la quotidianità di ogni palestinese della Cisgiordania da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco a Gaza. Ore di coda ai checkpoint, provocazioni da parte dei soldati, attacchi dei coloni, tutte tattiche per soffocare la vita, per costringere le persone ad andarsene o a ricorrere alla violenza.
L’intera Cisgiordania è paralizzata. Ogni giorno, a seconda dell’umore dei soldati israeliani, i checkpoint aprono e chiudono, costringendo migliaia di persone ad attese infinite, a slalom tra strade secondarie alla ricerca di un passaggio.
Mai Betlemme e Ramallah sono state così lontane. Per percorrere Wadi an-nar, l’unica strada di collegamento con Betlemme per chi per Gerusalemme non può passare, a volte ci vogliono giorni. Dopo ore di attesa al checkpoint container, si è spesso costretti a tornare indietro. Mahmoud è da tre mesi che non riesce ad andare a trovare la sua famiglia, che abita a meno di 30 km di distanza in linea d’aria. Chi deve spostarsi per lavoro, si è trovato costretto a chiudere il proprio negozio. Chi ha un esame o una visita medica, si muove con alcuni giorni di anticipo. Alcune lezioni universitarie si svolgono online, perché i professori non riescono a raggiungere i luoghi di lavoro.
Persino all’interno di Ramallah le forze di occupazione si muovono libere, coscienti del proprio potere e dell’impunità di cui godono.
“Sono entrato a Ramallah sfinito alle 3 di notte dopo ore e ore di viaggio” continua Mahmoud, “e sono stato fermato da due soldati annoiati che mi hanno puntato il mitra addosso. “Dovete morire. Dovete morire. O ve ne andate da questa terra o morirete”.

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