Articolo pubblicato originariamente su X. Traduzione a cura della redazione di Bocche Scucite
Di Ali Abunimah
Sono libero! Ho scritto questa frase in aereo e la pubblico subito dopo l’atterraggio a Istanbul. Lunedì sera sono stato portato all’aeroporto di Zurigo in manette, in una piccola gabbia di metallo all’interno di un furgone carcerario senza finestre e condotto all’aereo dalla polizia. Questo dopo tre giorni e due notti trascorsi in un carcere svizzero, senza possibilità di comunicare con il mondo esterno, in una cella 24 ore su 24 con un solo compagno di cella, senza nemmeno il permesso di contattare la mia famiglia. Sabato, in un interrogatorio di polizia alla presenza del mio avvocato, mi hanno accusato di “offesa alla legge svizzera” senza mai dirmi quale reato avessi commesso in Svizzera né elencarmi le accuse.
Per quanto ne so, non sono stato accusato di alcun reato e sono stato trattenuto in “detenzione amministrativa”. Domenica mattina mi hanno prelevato dalla mia cella per essere interrogato da agenti dei servizi segreti del Ministero della Difesa svizzero, senza la presenza del mio avvocato, e si sono nuovamente rifiutati di permettermi di contattare lei o la mia famiglia. Mi sono rifiutato di parlare con loro senza il mio avvocato e ho detto loro di riportarmi in cella. Durante la mia prigionia ho rifiutato ogni pasto e ogni tazza di caffè o tè che mi hanno offerto, tranne l’ultimo pasto, dopo aver saputo che sarei tornato a casa. Ho accettato solo l’acqua, che è un diritto di ogni essere umano. Tutto questo è avvenuto dopo che, intorno alle 13.30 di sabato, mentre mi recavo all’incontro di formazione sulla Palestina, sono stata rapita per strada da agenti in incognito, ammanettata, costretta a salire su un’auto civetta e condotta direttamente in prigione. Il mio “crimine”?
Sono un giornalista che si batte per la Palestina e contro il genocidio e la barbarie coloniale di Israele e di coloro che la favoriscono. Sono venuto in Svizzera su invito di cittadini svizzeri per parlare di giustizia per la Palestina, per parlare di responsabilità per un genocidio di cui anche la Svizzera è complice. Ma mentre io sono stato trascinato in prigione come un pericoloso criminale prima ancora di poter dire una parola, il presidente israeliano Isaac Herzog, che all’inizio del genocidio ha dichiarato che a Gaza non ci sono civili, non ci sono innocenti, ha ricevuto un tappeto rosso a Davos, un tappeto intriso del sangue delle oltre 47.000 vittime conosciute del genocidio e delle altre migliaia ancora sotto le macerie, o che sono morte per la fame inflitta deliberatamente e per la negazione delle cure mediche. E proprio in questo giorno Netanyahu si reca liberamente in Polonia per prendersi gioco della commemorazione di Auschwitz, nonostante un mandato di arresto pendente della Corte penale internazionale. Questo è il mondo perverso e ingiusto in cui viviamo. Questo calvario è durato tre giorni, ma l’assaggio della prigione è stato più che sufficiente per lasciarmi ancora più in soggezione nei confronti degli eroi palestinesi che sopportano mesi e anni nelle prigioni dell’oppressore genocida. So più che mai che il debito che abbiamo nei loro confronti è un debito che non potremo mai ripagare e che tutti loro devono essere liberi e devono rimanere al centro della nostra attenzione.
La polizia mi ha restituito il telefono solo al gate dell’aereo, quindi sto vedendo solo ora la portata del sostegno e della solidarietà travolgenti di tutto il mondo. Sono profondamente grato a tutte le persone che hanno preso le mie difese. Sono particolarmente grato al mio avvocato Dina Raewel e al suo team, ai nostri amici di Zurigo che, come ho saputo in seguito, hanno manifestato fuori dalla prigione, alla mia famiglia e ai miei colleghi dell’EI e a tanti altri. Onestamente non avevo idea di cosa stesse accadendo fuori da quella stanza di cemento! Grazie dal profondo del mio cuore.
Voglio raccontare l’intera storia di ciò che è successo nei prossimi giorni, perché credo sia importante che le persone sappiano in che abisso sono sprofondate le cosiddette “democrazie” occidentali al servizio del sionismo genocida. In questo momento sono felice di essere sulla strada di casa. Non vedo l’ora di abbracciare mamma e papà, fare una doccia e dormire nel mio letto. Il giornalismo non è un crimine! Parlare per la Palestina non è un crimine! Schierarsi contro il sionismo razzista e genocida non è un crimine! Ditelo con me: Dal fiume al mare la Palestina sarà libera!
Faccio mia la Preghiera del patriarca di Gerusalemme, sperando che le sue parole vengano ascoltate e accolte.
Senza parole. Siamo tutti responsabili....se c'è ne laviamo le mani....complici!
Signore Padre d'amore, ti prego ascolta il grido di dolore di tutte queste anime innocenti che stamno pagando con la…
Una preghiera
Mi è insopportabile la morte di un solo bambino, di una sola donna, di un solo uomo, tanto più se…