Ok dagli Usa al sionismo religioso: ecco il piano di Israele per prendersi la Cisgiordania”

Articolo pubblicato originariamente sul Sussidiario

L’amministrazione Trump giustifica su basi religiose l’annessione della Cisgiordania da parte di Israele. Che continua la sua operazione militare a Jenin

L’operazione dell’IDF a Jenin ha già ucciso 14 persone. E i soldati, come raccontano in particolare Al Jazeera e Wafa (l’agenzia dell’ANP), continuano a bruciare e a distruggere le case dei palestinesi. L’arrivo di Trump, infatti, spiega Filippo Landigià corrispondente della RAI a Gerusalemme e inviato del Tg1 esteri, è coinciso con una vasta azione militare in Cisgiordania, sapendo che la nuova amministrazione USA non è contraria all’annessione da parte di Israele dei territori occupati dai coloni nella West Bank, ma neanche a quella di tutta la Cisgiordania. Anzi, l’operazione militare sarebbe solo la prima tappa di un piano che ha proprio questo obiettivo. Lo dimostrano anche le modalità con le quali viene condotta, puntando alla chiusura dei campi profughi e al trasferimento dei palestinesi.

La Cisgiordania è oggetto dei blitz dell’esercito e teatro di morti e distruzioni dall’inizio della guerra. Cosa è cambiato nell’operazione dell’IDF partita dopo l’accordo per la tregua a Gaza?

È cambiato innanzitutto il quadro politico. Mentre l’amministrazione democratica guidata da Biden e Blinken era totalmente con il governo Netanyahu rispetto alla guerra a Gaza, ma manteneva ampie riserve sulla richiesta del governo Netanyahu-Smotrich (ministro delle Finanze e governatore civile della Cisgiordania) di procedere all’annessione della West Bank a Israele, viceversa Trump, ma soprattutto i collaboratori che via via ha indicato ai vertici della nuova amministrazione, già negli anni scorsi si erano espressi favorevolmente su questo tema. Compreso il nuovo ambasciatore americano in Israele.

Quanto pesa la nuova posizione degli USA?

È una differenza non di poco conto, che non è passata inosservata ai politici arabi, tanto è vero che la Lega Araba si è espressa esplicitamente contro gli attacchi israeliani in corso in Cisgiordania. Coloro che hanno detto che in cambio della tregua a Gaza Smotrich ha ottenuto l’intervento su Jenin esprimono un giudizio estremamente riduttivo, superato dalla realtà dei fatti.

Dal punto di vista tecnico-militare l’approccio dell’esercito israeliano è cambiato? Durante le operazioni i militari mettono dei cancelli di ferro per controllare l’ingresso nelle città. Qual è il motivo di questo provvedimento?

Prima l’obiettivo era sradicare tutti i gruppi armati presenti nelle grandi città palestinesi. Si tratta di gruppi sorti tra Hamas da una parte e l’ANP dall’altra, che uniscono militanti laici e islamici appartenenti a diversi partiti, compreso il vecchio Fatah, e che hanno trovato nell’autonomia dalle grandi formazioni palestinesi una libertà di azione che prima non avevano. Adesso, invece, emerge ciò che già era evidente a chi vive lì e tra questi anche i parroci cattolici che operano a Betlemme e nella zona di Ramallah: l’obiettivo è la chiusura dei campi profughi, quelli aperti nel 1948 e che pur trasformandosi dal punto di vista urbanistico, passando dalle tende alle abitazioni in muratura, hanno rappresentato sempre comunità particolarmente unite, soprattutto nel desiderio di ritornare nelle zone da cui la guerra li aveva cacciati. La volontà di chiusura dei campi è diventata ancora più evidente in questi giorni a Jenin.

Quali sono ora le modalità di intervento?

Fin dall’inizio si sono colpiti gli strumenti del vivere quotidiano, cioè strade, acqua, luce, obbligando la popolazione ad andare via, sia pure temporaneamente. Adesso, invece, viene detto esplicitamente che i campi profughi devono essere ricollocati.

Che cosa significa?

Vuol dire che i cancelli all’ingresso vengono posti perché vuol essere l’autorità militare israeliana, di concerto, si fa per dire, con l’ANP, a decidere la collocazione della gente che vive lì. Servono a impedire l’ingresso a Jenin, Nablus o Tulkarem, lì dove appunto ci sono i campi, evitando un’osmosi della popolazione, ma anche che altre forze di resistenza palestinese entrino nelle città.

Insomma, in attesa di rimuovere tutto il campo profughi viene creato una sorta di ghetto?

È quello che accade già oggi nel centro storico di Hebron, chiuso in entrata e uscita da cancelli vigilati dai soldati israeliani. Intanto si pone la domanda su quale ruolo avrà l’ANP. L’intervento della polizia palestinese nelle settimane scorse si è rivelato inutile, non ha raggiunto nessun tipo di controllo del territorio e oggi sta impedendo ai giornalisti di arrivare lì dove operano i militari israeliani.

Il nuovo ambasciatore americano in Israele, Mike Huckabee, ex predicatore evangelico, ex conduttore Fox, ha dichiarato che Israele ha diritto di rivendicare la Cisgiordania, il cui vero nome è quello biblico di Giudea e Samaria. Gli USA sposano l’annessione facendo proprie le stesse motivazioni della destra religiosa israeliana?

Esattamente. Tra i collaboratori di Trump a Washington, ma anche a Tel Aviv, spiccano persone come l’ambasciatore, che sono favorevoli, su basi che si rifanno al sionismo religioso più estremo, all’annessione di quella che viene definita Giudea e Samaria, senza dare conto appunto della presenza di milioni di palestinesi.

Quando si parla di annessione possibile della Cisgiordania, si intende dei territori occupati dai coloni o della Cisgiordania in quanto tale?

Per anni Netanyahu ha percorso la strada dell’annessione di fatto a Israele di grandi blocchi di colonie che sono diventate negli anni vere e proprie città, come l’area di Gush Etzion alla periferia di Gerusalemme o di Ariel, alle spalle di Tel Aviv. Queste grandi aree raccolgono la maggioranza dei 500mila coloni presenti in Cisgiordania, cui si aggiungono 250mila coloni nei territori che una volta erano di Gerusalemme Est, nella zona araba. In totale, quindi, parliamo di 750mila coloni. Sono state create grandi autostrade, in via di ultimazione, ma in larga parte finite, che uniscono queste colonie alle città israeliane più vicine.

Si fermeranno qui?

Questo dovrebbe essere il primo passo dell’annessione, anche se la comunità internazionale considera quei territori oggi, come sempre, occupati dall’esercito israeliano. La seconda fase riguarda quella “opportunità storica”, come la chiamano molti analisti arabi, che Trump sta dando a Netanyahu e al suo governo, l’annessione di tutta la Cisgiordania fino al fiume Giordano.

Come si sta sviluppando intanto l’operazione “Muro di ferro” di Israele?

Insieme allo sradicamento dei campi profughi si sta verificando una serie di arresti da parte delle forze israeliane in tutti gli ambiti della vita civile in Cisgiordania, andando ben oltre l’ambito dei movimenti militari o islamisti. Si colpiscono gli attivisti che sostengono i diritti civili, per esempio coloro che lavorano per la ONG che fa capo a uno dei leader politici più conosciuti, Mustafa Barghouti, e quindi moltissimi giovani che vivono, studiano e operano nelle università, a cominciare da quella di Birzeit. Questo significa che si pensa già a una seconda fase dell’occupazione territoriale che deve vedere lo sradicamento del dissenso in quanto tale.

(Paolo Rossetti)

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