Articolo pubblicato originariamente su Haaretz. Traduzione a cura di AssoPace Palestina
Di Gideon Levy
Il cuore degli israeliani è con le vittime israeliane, è umano. Ma la straordinaria attenzione su sei ostaggi rispetto alla trascuratezza di decine di migliaia di vittime palestinesi è disgustosa e immorale.
Israele piange i sei ostaggi uccisi. Anche il mondo li piange. I loro nomi, le loro foto, le storie della loro vita e le loro famiglie hanno occupato le trasmissioni di notizie in Israele e nel mondo.
Hersh Goldberg-Polin e Eden Yerushalmi sono diventati involontariamente delle celebrità, per la loro prigionia e la loro morte. Il mondo ha pianto per loro – è impossibile non farlo: sei bei giovani, che hanno vissuto l’inferno in cattività prima di essere brutalmente giustiziati.
Ma i nostri sei ostaggi sono solo una piccola parte della storia, una piccola frazione delle vittime della guerra. Il fatto che siano diventati una storia globale è comprensibile. Meno comprensibile è l’enorme contrasto tra l’ampia copertura della loro vita e della loro morte e il totale disinteresse per il destino analogo di persone della loro stessa età – incolpevoli, ingenue e belle come loro, e altrettanto vittime innocenti – dalla parte palestinese.
Mentre il mondo è scioccato dalla sorte di Gaza, non ha mai portato lo stesso rispetto alle vittime palestinesi. Il Presidente degli Stati Uniti non chiama i parenti dei palestinesi caduti, nemmeno se, come i Goldberg-Polin, avevano la cittadinanza americana. Gli Stati Uniti non hanno mai chiesto il rilascio di migliaia di rapiti palestinesi che Israele detiene senza processo. Una giovane donna israeliana uccisa al Nova Festival suscita più simpatia e compassione nel mondo che una rifugiata adolescente di Jabalya. L’israeliana è più simile al resto del “mondo”.
È già stato detto tutto sul fatto che la sofferenza palestinese viene trascurata e nascosta nella conversazione pubblica israeliana, ma non è ancora stato detto abbastanza. Un palestinese ucciso a Gaza, che aveva un volto, un nome e una storia di vita e la cui uccisione ha scioccato Israele, non è ancora nato.
Anche i 17.000 bambini uccisi nella Striscia dall’inizio della guerra avevano speranze, sogni e famiglie che sono stati distrutti dalla loro morte. Ma non hanno alcun interesse per la maggioranza degli israeliani; una minoranza addirittura gioisce della loro morte. Nel mondo al di fuori di Israele sono visti come vittime terribili, ma anche lì di solito non hanno né nomi né volti.
Dimostranti che trasportano finte bare coperte durante una manifestazione che chiede un accordo di cessate il fuoco e il rilascio immediato degli ostaggi. Gerusalemme lunedì 2 settembre.Leo Correa/AP
Il cuore degli israeliani è con le vittime israeliane. Niente di più comprensibile e umano. Ma un lamento nazionale di tale portata per sei ostaggi, nel totale disinteresse per le decine di migliaia di vittime palestinesi, è squilibrato e immorale: una disumanizzazione senza un briciolo di umanità per le vittime – nemmeno per i bambini che sono stati uccisi; per i bambini sfollati, orfani, malati, affamati o ai quali sono stati amputati gli arti.
Ci sono decine di migliaia di bambini di questo tipo a un’ora di macchina da Tel Aviv, e noi siamo del tutto indifferenti nei loro confronti. Israele ha inviato missioni di aiuto nelle Filippine. Più Israele piange i suoi ostaggi e i suoi morti, più diventa evidente l’inconcepibile divario tra il suo dolore nazionale e la sua totale apatia nei confronti delle vittime palestinesi.
Non è difficile immaginare come si sentano i gazawi di fronte al mondo, che è stato scosso da sei ostaggi israeliani morti, mentre perde interesse con una velocità allarmante per 40.000 palestinesi morti. Inoltre, quando si parla di sequestri, si parla solo degli ostaggi israeliani.
Che dire delle centinaia e migliaia di rapiti palestinesi dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania; dei cosiddetti detenuti amministrativi, trattenuti senza processo; dei “combattenti illegali” e dei lavoratori innocenti che sono stati catturati e di cui nessuno riferisce il numero? Alcuni di loro, come minimo, sono detenuti in condizioni infernali. Anche loro hanno famiglie preoccupate che per 10 mesi non hanno idea di cosa sia accaduto loro; anche a loro vengono negate le visite del Comitato Internazionale della Croce Rossa.
Questa settimana Sheren Falah Saab ha fatto un lavoro superlativo raccontando la storia di un palestinese di Gaza, Mohammad “Medo” Halimy, un TikToker di 19 anni che è stato ucciso quando è andato a caricare il suo telefono. L’articolo è stato un raggio di luce nell’oscurità. Un palestinese morto a Gaza con un nome e un volto, grazie a TikTok e a Falah Saab.
La storia di Medo provoca un groppo alla gola, non meno del video di Eden Yerushalmi che Hamas ha diffuso questa settimana. È almeno consentito dire queste cose nell’Israele di oggi?
Senza parole. Siamo tutti responsabili....se c'è ne laviamo le mani....complici!
Signore Padre d'amore, ti prego ascolta il grido di dolore di tutte queste anime innocenti che stamno pagando con la…
Una preghiera
Mi è insopportabile la morte di un solo bambino, di una sola donna, di un solo uomo, tanto più se…
Fermate le guerre,le armi e le ingiustizie,creiamo un mondo più giusto con rispetto dell’ambiente e di ogni persona.