Sessantaseisimo giorno della guerra a Gaza, 11 dicembre 2023
Quelli di noi assediati a Gaza City e nel Nord finiranno per essere chiamati gli “arabi del ’23”?
La gente è ansiosa e terrorizzata mentre continua l’attacco sionista alla Striscia di Gaza. Come e quando finirà? Nulla di ciò che abbiamo visto finora indica la possibilità che una soluzione reale sia all’orizzonte.
Le nostre paure sono aumentate da quando l’esercito occupante ha separato Gaza City e il Nord dalle aree centrali e meridionali.
Hanno posizionato posti di blocco a sud della città per impedire alle persone di entrare e uscire, e stanno inseguendo le persone che vivono ancora a Gaza City e nel nord, inseguendole di quartiere in quartiere e di strada in strada con attacchi di carri armati e razzi.
Hanno anche rafforzato l’assedio per impedire alle persone di accedere al cibo, all’acqua e ai farmaci di cui hanno bisogno.
Le persone si interrogano ad alta voce sul loro destino. Coloro che hanno lasciato le loro case per il Sud aspettano di tornare a casa, che le loro case siano ancora in piedi o un mucchio di macerie, vogliono solo tornare indietro, così da poter sistemare la propria vita e capire come andare avanti.
E quelli di noi che non se ne sono andati si trovano ad affrontare ogni sorta di domande e possibilità. In primo luogo, rimarremo vivi anche sotto questo letale torrente di proiettili? E se l’aggressione israeliana continua, dove troveremo cibo, acqua e medicine? Quando potremo circolare liberamente?
Una mia vicina che è partita per il Sud con la sua famiglia mi ha chiamato per avere mie notizie e chiedermi come stava la sua casa. “Come stanno gli arabi del ’23?”, ha chiesto, facendo riferimento al termine “arabi del ’48” che usiamo per riferirci ai palestinesi che furono inclusi nello Stato di Israele dopo la Nakba.
“Ho paura che non ci vedremo mai più”, ha continuato, “ho paura che la terra venga divisa e ci ritroveremo su fronti opposti, incapaci di raggiungerci. Che noi saremo rifugiati e voi sarete arabi del ’23”.
Le sue parole mi hanno chiarito che ciò che tutti hanno in mente è la possibilità che il processo di espropriazione continui come durante la Nakba, quando le persone furono costrette a lasciare le loro città e paesi per la Striscia di Gaza, la Cisgiordania e i territori circostanti e i Paesi arabi. Sono passati settantacinque anni da allora e nessuno è tornato a casa.
In effetti, il ritorno a casa è diventato un sogno lontano, nonostante le numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, che Israele ha semplicemente ignorato. Queste persone divennero rifugiati, di cui si prendeva cura l’UNRWA, e avevano passaporti di rifugiato rilasciati dagli stati ospitanti Egitto, Siria, Libano e Iraq, o, nel caso della Cisgiordania ,annessa alla Giordania, alle persone era data la nazionalità e il passaporto giordano.
Coloro che rimasero nelle loro case caddero sotto il controllo dello stato occupante israeliano e divennero noti come gli arabi del ’48, che sono considerati cittadini di Israele e portano documenti di identità israeliani.
C’è anche chi ha lasciato le proprie case nel 1967, cinquantasei anni fa, quando l’esercito israeliano occupò la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, e anche loro non sono più tornati a casa. Conosciuti come sfollati, non possono tornare e non possono ottenere documenti d’identità palestinesi a meno che l’amministrazione civile israeliana non accetti di garantire loro il ricongiungimento familiare.
Quindi la domanda è: quale dei seguenti scenari è probabile che si realizzi?
- Quelli di noi sotto assedio a Gaza diventeranno davvero arabi del ’23, mentre quelli che se ne sono andati saranno costretti a fuggire in Egitto e a vivere nei campi profughi? Da non dimenticare che questo piano di lunga data per insediare i palestinesi nel Sinai fu approvato da Gamal Abdel Nasser nel 1953, ma respinto dai palestinesi, e da allora è rimasto in sospeso, per essere riproposto ogni volta che riappare la questione palestinese.
- Se l’Egitto mantiene la sua attuale posizione di rifiuto di accettare i palestinesi sfollati o di insediarli nel Sinai, i residenti della Striscia di Gaza – quelli sfollati nel sud e quelli di noi qui a Gaza City e nel nord – vivranno sotto un governo autonomo con un volto palestinese, in conformità con il piano sionista-americano di ridisegnare la mappa di Gaza in modo tale da cancellare ogni possibile resistenza allo stato occupante negli anni a venire? Questo scenario è relativamente probabile, e in effetti già leggibile nell’attuale attacco sionista, che si è concentrato sull’eliminazione di intere famiglie dalla popolazione e sull’uccisione senza pietà dei bambini che saranno la prossima generazione e che ora costituiscono il 45% del conteggio delle morti e una percentuale simile o addirittura maggiore tra le decine di migliaia di feriti, i cui corpi sono così dilaniati da non essere più in grado di resistere all’occupazione. Con il passare delle settimane, la domanda è: quale di questi scenari ha maggiori probabilità di realizzarsi? Chi di noi saranno gli arabi del ’23?
Zainab Al Ghonaimy, dalla città di Gaza, assediata e sotto bombardamento
Faccio mia la Preghiera del patriarca di Gerusalemme, sperando che le sue parole vengano ascoltate e accolte.
Senza parole. Siamo tutti responsabili....se c'è ne laviamo le mani....complici!
Signore Padre d'amore, ti prego ascolta il grido di dolore di tutte queste anime innocenti che stamno pagando con la…
Una preghiera
Mi è insopportabile la morte di un solo bambino, di una sola donna, di un solo uomo, tanto più se…