Voci da Gaza: giorno 126

Centoventiseiesimo giorno della guerra genocida contro Gaza, 9 febbraio 2024

La testimonianza di Zainab Al Ghonaimy, da Gaza sotto bombardamento e aggressione

Nulla di nuovo oggi da ieri e l’altro ieri, l’aggressione brutale continua e anneghiamo nei dettagli della vita quotidiana

Speravo di documentare delle novità che trasmettono ottimismo in questa giornata ma, sfortunatamente , non c’è nulla di nuovo. Le stesse notizie di sempre trasmesse dai canali televisivi Al-Jazeera, Al-Arabi e Al-Mayadeen, concentrate sulle notizie di distruzione e uccisione a seguito delle operazioni militari quotidiane condotte dall’esercito sionista nella Striscia di Gaza.
L’attenzione adesso è sulle notizie da Rafah, che ospita circa un milione e trecentomila persone, fra i suoi residenti e gli sfollati provenienti da vari governatorati del nord di Gaza, Gaza City, il Governatorato Centrale e Khan Yunis. La città di Rafah e le sue strade sono affollate di tende e di persone. Allo stesso tempo, il governo di guerra sionista ha iniziato ad attuare le sue minacce di intensificare i bombardamenti su Rafah, prendendo di mira le case sovraffollate e i luoghi altamente affollati.

La mia amica di Rafah dice: “Abbiamo paura. Siamo stati sfollati dalla città di Gaza e dal suo nord diverse volte, e ora siamo a Rafah. I bombardamenti ci hanno seguito ovunque siamo andati, quindi dove dovremmo andare adesso?” Naturalmente non ho una risposta alla domanda, e non so nemmeno quando finirà questa aggressione, quando tornerò a casa mia per vivere la mia vita normale, quando torneremo al lavoro e se ricostruiremo i nostri due centri, uno dei quali è stato distrutto dai soldati sionisti con una brutalità senza precedenti. Hanno scritto parolacce simili a loro sui suoi muri, e il secondo è stato parzialmente distrutto dalla potenza dei proiettili e delle schegge. E quando questo? E quando quello? Facciamo molte domande ad amici e colleghi quando riceviamo un segnale di chiamata o connessione internet.

Quanto a me, sono impegnata tutto il giorno, come il resto dei giorni, a cercare di procurarmi una rete di comunicazione, ad ordinare e provare chip elettronici per ottenere una connessione Internet, anche se debole, in modo da poter comunicare con mia figlia, la mia famiglia e i miei amici, per rassicurarli e avere loro notizie.

Sono anche impegnata a controllare le scorte alimentari in casa, quello di cui abbiamo bisogno e come acquistare quello che possiamo per sostituire quello che abbiamo consumato, ma finora, da più di un mese, non riusciamo a procurarci il grano, così come non siamo riusciti a procurarci la farina per due mesi e sono quattro che non riusciamo a rimpiazzare il gas da cucina che avevamo consumato.

Sono diventata ossessionata dall’acquisto di qualsiasi cosa, ad esempio detersivi, e la mia parente dice: “I prodotti per la pulizia sono disponibili, perché insisti a comprarne di più?” Le rispondo: “Oggi esistono, domani non ci saranno”, e così via, la ruota quotidiana della vita continua, e viviamo gli stessi dettagli mattina e sera.

Oggi ho parlato con una mia amica e le ho detto: “Mi vergogno se penso di mangiare un’arancia se in casa non ne mangiano tutti”. Sebbene nei giorni normali ognuno mangi quello che vuole, altri potrebbero non voler mangiare la stessa cosa. In questa aggressione tutti devono mangiare lo stesso frutto o lo stesso cibo e bere la stessa bevanda.
E lei mi ha risposto: “È vero che bevevo il caffè più volte al giorno, e ora mi vergogno di farlo se gli altri non lo bevono”.

Queste sono le particolarità che accadono quotidianamente, sempre accompagnate dal ronzio del drone in tutti i nostri momenti, i suoni dell’artiglieria e del bombardamento missilistico che non si ferma.

Ma ciò che è importante oggi è che ciò che domina le nostre menti è la speranza che venga raggiunto un accordo per fermare l’aggressione, affinché l’occupazione non distrugga anche Rafah, e affinché non cadano più martiri. Basta amarezza e dolore che il popolo della Striscia di Gaza ha già sopportato. Bastano le tragedie che patisce il nostro popolo in Cisgiordania, e il terrore di vivere quanto sta accadendo a Gaza nelle loro città e nei loro villaggi, soprattutto con ciò che è accaduto nelle città e nei campi durante lo scorso periodo e durante i giorni dell’aggressione.

Ci auguriamo che i prossimi giorni trascorrano sereni affinché possiamo essere salvati con chi e ciò che resta di noi.

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