Gli israeliani devono chiedersi se sono disposti a vivere in un Paese che si nutre di sangue

Articolo pubblicato originariamente su Haaretz. Traduzione a cura di Beniamino Rocchetto

Israele si sta trasformando, con una velocità allarmante, in un Paese che vive di sangue. I Crimini quotidiani dell’Occupazione sono già meno rilevanti. Nell’ultimo anno è emersa una nuova realtà di Uccisioni di Massa e Crimini di portata completamente diversa.

Siamo in una realtà Genocida; è stato versato il sangue di decine di migliaia di persone.

Questo è il momento in cui tutti gli israeliani dovrebbero chiedersi se sono disposti a vivere in un Paese che si nutre di sangue. Non si dica che non c’è scelta, ovviamente c’è, ma prima dobbiamo chiederci se siamo disposti a vivere in questo modo.

Noi, gli israeliani, siamo disposti a vivere nell’unico Paese al mondo la cui esistenza è fondata sul sangue? L’unica visione diffusa in Israele ora è quella di vivere da una guerra all’altra, da uno spargimento di sangue all’altro, da un Massacro all’altro, con intervalli il più possibile distanziati.

Non c’è nessun’altra visione sul tavolo. Le persone fiduciose promettono lunghi intervalli, mentre la destra promette una realtà intrisa di sangue permanente: Guerra, Uccisioni di Massa, sistematica violazione del Diritto Internazionale, uno Stato reietto, che si ripete in un ciclo infinito.

I palestinesi continueranno a essere Massacrati e gli israeliani continueranno a chiudere gli occhi? Difficile da credere. Verrà un tempo in cui molti israeliani apriranno gli occhi e riconosceranno che il loro Paese vive di sangue. Senza spargimento di sangue, ci viene detto, non esistiamo, e facciamo pace con questa orribile realtà.

Non solo crediamo che un Paese del genere possa esistere per sempre, siamo convinti che senza il tributo di sangue, non esisterebbe. Ogni tre anni, un Massacro a Gaza, ogni quattro anni, in Libano. Nel mezzo, c’è la Cisgiordania e, occasionalmente, una sortita di sangue verso obiettivi aggiuntivi. Non esiste nessun altro Paese come questo al mondo.

Il sangue non può essere il carburante del Paese. Proprio come nessuno immaginerebbe di guidare un’auto alimentata a sangue, non importa quanto economica, è difficile immaginare 10 milioni di residenti disposti a vivere in un Paese che si alimenta con il sangue. La guerra a Gaza è un punto di svolta. È così che continueremo?

I media cercano di convincerci che questa sia una necessità.

Attraverso campagne che demonizzano e disumanizzano i palestinesi, un coro unito e mostruoso di commentatori ci sta vendendo con successo l’idea che possiamo vivere per l’eternità di sangue. “Falceremo l’erba” a Gaza ogni due anni, giustizieremo generazioni dopo generazioni di giovani oppositori del Regime, imprigioneremo decine di migliaia di persone nei campi di concentramento, espelleremo, abbatteremo, esproprieremo e, naturalmente, uccideremo, ed è così che vivremo: nel Paese del sangue.

Abbiamo già Massacrato il popolo palestinese. Abbiamo iniziato con l’Uccisione di Massa a Gaza, e ora ci siamo concentrati sulla Cisgiordania. Anche lì verrà versato sangue a fiumi, se nessuno fermerà il Massacro. L’uccisione è sia fisica che emotiva. Ora non rimane più nulla di Gaza.

I detenuti, gli orfani, i traumatizzati, i senzatetto, non torneranno mai più a essere ciò che erano. I morti di certo non torneranno. Ci vorranno generazioni perché Gaza si riprenda, se mai ci riuscirà. Questo è Genocidio, anche se non soddisfa la definizione legale.

Un Paese non può vivere di una simile ideologia, certamente non quando intende continuare a esistere.

Supponiamo che il mondo continui a permetterlo. La domanda è se noi, gli israeliani, siamo disposti a permetterlo. Per quanto tempo possiamo vivere con la consapevolezza che la nostra esistenza dipende dal sangue. Quando ci chiederemo se non ci sia davvero alternativa a un Paese di sangue? Dopotutto, non c’è nessun altro Paese come questo.

Israele non ha mai seriamente provato un altro modo. È stato programmato e diretto a comportarsi come un Paese che vive di sangue, ancora di più dopo il 7 ottobre. Come se quel giorno terribile, dopo il quale tutto è lecito, avesse suggellato il suo destino di Paese di sangue.

Il fatto è che non è stato sollevato alcuna altro argomento per la discussione. Ma un Paese di sangue non è un’opzione, proprio come un’auto alimentata a sangue non è un’opzione. Quando ce ne renderemo conto, inizieremo a cercare le alternative, anche solo per mancanza di altre opzioni. Sono lì e aspettano un giro di prova.

Possono sorprenderci, ma nella realtà attuale è impossibile anche solo suggerirle.

Gideon Levy è editorialista di Haaretz e membro del comitato editoriale del giornale. Levy è entrato in Haaretz nel 1982 e ha trascorso quattro anni come vicedirettore del giornale. Ha ricevuto il premio giornalistico Euro-Med per il 2008; il premio libertà di Lipsia nel 2001; il premio dell’Unione dei giornalisti israeliani nel 1997; e il premio dell’Associazione dei Diritti Umani in Israele per il 1996. Il suo ultimo libro, La punizione di Gaza, è stato pubblicato da Verso.

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