Articolo pubblicato originariamente su Haaretz
Di Amira Hass
l Cancelliere tedesco Olaf Scholz ha dichiarato giovedì scorso che “le sofferenze e le difficoltà della popolazione civile nella Striscia di Gaza non potranno che aumentare e che anche Hamas è responsabile di questo”. Ma c’è qualche limite a questo aumento della sofferenza, dato che lui e i suoi colleghi occidentali hanno espresso un sostegno illimitato a Israele?
Accetterà che 2.000 bambini palestinesi vengano uccisi? 80.000 anziani che potrebbero morire di disidratazione perché non c’è acqua a Gaza sono un legittimo aumento della sofferenza ai suoi occhi?
Ha anche detto: “La nostra storia, la nostra responsabilità derivante dall’Olocausto, rende per noi un compito eterno difendere l’esistenza e la sicurezza dello Stato di Israele”. Ma c’è una contraddizione tra questa frase di Scholz e quella sopra citata.
“La sofferenza non farà altro che aumentare”, è un assegno in bianco per un Israele ferito e sofferente che intende polverizzare, distruggere e uccidere senza freni, e rischia di coinvolgerci tutti in una guerra regionale, se non in una Terza Guerra Mondiale, che metterebbe in pericolo anche la sicurezza e l’esistenza di Israele. Ma “responsabilità derivante dall’Olocausto” significa fare tutto il possibile per prevenire la guerra, che porta a disastri che portano ad altre guerre che aumentano la sofferenza, in un ciclo infinito.
L’ho imparato da mio padre, un sopravvissuto alla deportazione tedesca nei campi di sterminio. Già nel 1992, ogni volta che tornavo da Gaza con notizie sull’oppressione dei suoi residenti da parte di Israele, mi diceva: “È vero, questo non è un Genocidio come quello che abbiamo vissuto noi, ma per noi è finito dopo cinque o sei anni. Per i palestinesi, la sofferenza è andata avanti all’infinito, per decenni”. È una Nakba costante.
I tedeschi hanno da tempo tradito la loro responsabilità, quella “derivante dall’Olocausto”, cioè dall’assassinio delle famiglie dei miei genitori, tra gli altri, e dalla sofferenza dei sopravvissuti. L’hanno tradita con il loro sostegno senza riserve a un Israele che occupa, colonizza, priva le persone dell’acqua, ruba la terra, imprigiona due milioni di abitanti di Gaza in una gabbia affollata, demolisce case, espelle intere comunità dalle loro case e incoraggia la violenza dei coloni.
E tutto questo è avvenuto sotto l’egida di un cosiddetto accordo di pace abbracciato dalla Germania e da altri Paesi occidentali. Hanno permesso a Israele di agire in contrasto a questo accordo nella sua interpretazione europea, come percorso verso la creazione di uno Stato palestinese nei Territori Occupati da Israele nel 1967, e che molti palestinesi hanno sostenuto proprio per il loro desiderio di evitare ulteriori sofferenze e spargimenti di sangue.
Non mancano diplomatici e dipendenti di agenzie di sviluppo che hanno riferito di come centinaia di migliaia di giovani palestinesi abbiano perso ogni speranza e ogni significato per le loro vite, sotto l’arrogante oppressione di Israele e l’uccisione di civili, a volte singolarmente, a volte in massa. Gli attivisti palestinesi per i diritti umani hanno ripetutamente avvertito che la politica di Israele potrebbe solo portare a un’esplosione di proporzioni inimmaginabili. Anche gli attivisti israeliani ed ebrei anti-occupazione li avevano messi in guardia.
Ma hanno proseguito imperterriti sulla loro strada, inviando a Israele il messaggio che tutto andava bene, che nessuno lo punirà né insegnerà agli israeliani attraverso energici passi diplomatici e politici che non può esserci normalità accanto all’Occupazione. E poi accusando i critici di Israele di antisemitismo.
No, questo articolo non è una giustificazione della moltitudine di omicidi e sadismo perpetrata dagli uomini armati di Hamas. Né è una giustificazione delle reazioni gioiose di alcuni palestinesi e del rifiuto di altri di affrontare le atrocità commesse in loro nome.
Piuttosto, è un appello a fermare l’attuale campagna di morte e distruzione prima che causi un’altra catastrofe su milioni di israeliani, palestinesi, libanesi e forse anche residenti di altri Paesi della regione.
Amira Hass è corrispondente di Haaretz per i territori occupati. Nata a Gerusalemme nel 1956, Amira Hass è entrata a far parte di Haaretz nel 1989, e ricopre la sua posizione attuale dal 1993. In qualità di corrispondente per i territori, ha vissuto tre anni a Gaza, esperienza che ha ispirato il suo acclamato libro “Bere il mare di Gaza”. Dal 1997 vive nella città di Ramallah in Cisgiordania. Amira Hass è anche autrice di altri due libri, entrambi i quali sono raccolte dei suoi articoli.
Faccio mia la Preghiera del patriarca di Gerusalemme, sperando che le sue parole vengano ascoltate e accolte.
Senza parole. Siamo tutti responsabili....se c'è ne laviamo le mani....complici!
Signore Padre d'amore, ti prego ascolta il grido di dolore di tutte queste anime innocenti che stamno pagando con la…
Una preghiera
Mi è insopportabile la morte di un solo bambino, di una sola donna, di un solo uomo, tanto più se…