Articolo pubblicato originariamente sul Manifesto. Foto di copertina: Ragazzi palestinesi davanti a un edificio residenziale distrutto da un raid israeliano a Deir al-Balah – foto Ap/Abdel Kareem Hana
Lettera alla Farnesina Come se non ci fosse una tregua. «Con le agenzie umanitarie si può e si deve entrare a Gaza»
Da quindici anni in Palestina «lavoriamo con le comunità, con i civili, con le organizzazioni umanitarie palestinesi e le agenzie internazionali, vogliamo essere lì come siamo in altre aree di conflitto, di crisi ambientale, di emergenza», ci racconta Silvia Stilli, presidente dell’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (Aoi), più di cinquecento i membri. È indirizzata al ministro degli esteri Antonio Tajani la lettera che l’Aoi ha spedito due giorni fa insieme alle principali organizzazioni della società civile (Osc): Cini, Link2007 e la Piattaforma delle Osc (organizzazioni della società civile) italiane in Mediterraneo e Medio Oriente. Ottenere «lo sblocco immediato dei fondi destinati alla crisi umanitaria e l’ulteriore stanziamento di fondi adeguati a rispondere alla gravissima crisi in atto nel Territorio palestinese occupato», la richiesta nel testo della lettera. Dopo la confusione della scorsa primavera, partita con la caccia a possibili collaborazioni tra le ong italiane e Hamas, proseguita con l’interdizione di Unrwa da parte degli Usa e degli alleati occidentali inclusa l’Italia, poi da parte di Israele, qualsiasi attività di cooperazione a Gaza è stata giudicata «inopportuna» dal ministro italiano, quindi bandita, come raccontavamo nei nostri articoli.
Nonostante le ultime quarantotto ore a Jenin abbiano visto accendersi la dura offensiva a danno dei palestinesi con l’operazione «Muro di Ferro», Stilli sottolinea che «attraverso le agenzie umanitarie si può e deve entrare, e c’è una tregua in atto». In questi quindici mesi a Gaza si è fatto quel che si poteva: mancando il sostegno dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), come denuncia il testo congiunto delle associazioni del terzo settore, sono state attivate campagne di raccolta fondi indipendenti, e quando concesso dalle autorità israeliane, gli aiuti sono passati attraverso il valico di Rafah. «Ne faremo entrare altri in collaborazione con la Cgil, il tema è che non possiamo operare come ong italiane riconosciute dal nostro paese».
C’è poi un’altra preoccupazione che non suona nuova: il mancato rinnovo dei visti lavorativi per i cooperanti, cui si aggiunge l’annuncio di restrizioni da parte del governo di Tel Aviv. Il passaggio degli aiuti e la presenza sul campo degli operatori umanitari – braccia che aiutano e occhi che testimoniano l’atrocità del genocidio in un luogo inaccessibile ai giornalisti internazionali – è un tassello fondamentale per il mantenimento della «tregua e per fare in modo che si trasformi in pace», sottolinea Raffaele Salinari, presidente del Cini, il coordinamento italiano delle ong internazionali. Da qui la pressione a Tajani per far ripartire attività congelate dalla situazione sul terreno: dieci progetti approvati dall’Aics nel 2023 per interventi di emergenza a sostegno dei palestinesi, dal valore di oltre quattro milioni e mezzo di euro, e la messa a bando dei due milioni di euro stanziati a marzo scorso ma rimasti non assegnati. A queste si unisce la richiesta di chiarezza su «Food for Gaza», campagna di cui non sono stati resi noti i dati circa l’operatività. Necessario, per Salinari, «un ruolo più responsabile dell’Italia e dell’Europa, in uno scenario che vedrà gli europei affrontare questa crisi senza appoggio o forse addirittura con la contrarietà degli Stati uniti», dopo le dichiarazioni del presidente Trump contro le organizzazioni multilaterali come l’Oms.
Pare abbia aperto qualche porta l’incontro congiunto di ieri mattina tra le Osc ed Edmondo Cirielli, viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale: «Immediato sblocco dei progetti in Cisgiordania e a Gerusalemme est, ma per Gaza si dovranno valutare le condizioni di sicurezza», riferisce al manifesto il presidente di Link2007, Roberto Ridolfi. Eppure l’ingresso degli aiuti è una «richiesta precisa delle Nazioni Unite e della Corte internazionale di giustizia dell’Aja», ricorda Beppe Russo di WeWorld.
Faccio mia la Preghiera del patriarca di Gerusalemme, sperando che le sue parole vengano ascoltate e accolte.
Senza parole. Siamo tutti responsabili....se c'è ne laviamo le mani....complici!
Signore Padre d'amore, ti prego ascolta il grido di dolore di tutte queste anime innocenti che stamno pagando con la…
Una preghiera
Mi è insopportabile la morte di un solo bambino, di una sola donna, di un solo uomo, tanto più se…