Il 2022 deve essere l’anno della Palestina

Articolo pubblicato originariamente sul Fatto Quotidiano

Di Fabio Marcelli

Comincio questo articolo con un errata-corrige riferito a quello precedente. Il medico Foad Aodi, animatore dell’associazione Uniti per Unire di cui ho pubblicato l’appello per la difesa del Natale, non è di nazionalità egiziana, come avevo scritto in un primo momento, ma bensì palestinese. Sono molti del resto i medici palestinesi che operano in Italia. Voglio qui ricordare ancora una volta Nabeel Khair, che era vicepresidente dell’Associazione palestinese in Europa, primo medico di famiglia ucciso dal Covid in Sardegna, morto quindi combattendo la pandemia a beneficio del popolo italiano. E voglio citare anche il mio caro amico e compagno Yussef Salman, da molto tempo animatore infaticabile della comunità palestinese a Roma e in Italia.

La diaspora palestinese è oggi presente in moltissimi Stati dell’orbe terracqueo e in molte situazioni dà importanti contributi alle società che li ospitano. Ma il sogno di ogni palestinese è, come è ovvio che sia, poter tornare in patria, da cui sono stati violentemente espulsi nel corso degli ultimi settantadue anni a causa dell’occupazione israeliana, che spesso si accompagna a violenti pogrom.

Basta leggere le notizie che i nostri giornaloni e le nostre tv, sia “pubbliche” (in realtà quasi sempre asservite a partiti, soprattutto di destra) che private, tengono accuratamente nascoste, per rendersi conto che in Palestina è da tempo in corso un vero e proprio stillicidio di uccisioni, una sorta di genocidio a piccole dosi (342 uccisioni, di cui 86 di bambini nell’ultimo anno, secondo le Nazioni Unite). Tra le ultime vittime di questo massacro senza fine il tredicenne Mohammed Amjad Salem Da’das, che sognava di diventare giornalista, ed è stato invece assassinato da un cecchino israeliano con un colpo di precisione all’addome.

Mohammed è stato ucciso mentre erano in corso scontri tra uno degli eserciti meglio armati del mondo e gruppi di giovani disarmati, come avviene sempre più spesso in Palestina, quando i militari israeliani intervengono per dar man forte ai coloni che mirano oramai sempre più sfacciatamente ad espellere la popolazione palestinese dalle case dove vive da secoli. Si tratta di un piano di colonizzazione del territorio palestinese che ha per finalità la creazione di uno Stato ebraico che assomiglia sempre più chiaramente a quello sudafricano dell’apartheid, come ebbe a denunciare più volte il vescovo Desmond Tutu, che ci ha lasciati pochi giorni fa.

Qualcuno si era illuso che la fine di Netanyahu potesse determinare una qualche umanizzazione della politica israeliana, ma anche il governo in carica appare più che mai schierato a difesa dei coloni più oltranzisti e dei loro assalti alla popolazione palestinese. E’ del resto noto come il primo ministro Bennett, capo del Partito della Nuova Destra, costituisca uno dei principali referenti politici dei coloni e del loro criminale espansionismo. Al contempo, colle sue continue aggressioni alla Siria e le minacce nei confronti dell’Iran, il governo israeliano costituisce, insieme a quello saudita magnificato dall’Innominabile, e a quello di Erdogan, un fattore di destabilizzazione continua dell’intera situazione medio-orientale.

L’arroganza dell’attuale governo israeliano si è spinta al punto di attaccare pesantemente Laura Boldrini, per aver dato udienza alle organizzazioni non governative palestinesi accusate, in modo del tutto infondato, dal ministro della Difesa di Tel Aviv, Benny Gantz, di essere dedite ad attività terroristiche. Evidentemente per Gantz documentare le gravissime violazioni del diritto internazionale e i crimini di guerra e contro l’umanità commessi quotidianamente dagli occupanti israeliani, perché a questo sono dedite Al Haq ed altre associazioni palestinesi accusate, significa praticare il terrorismo giudiziario. Una ben strana idea dello Stato di diritto.

Ovviamente l’indegno attacco israeliano contro la Boldrini, lesivo fra l’altro dei diritti del Parlamento di uno Stato sovrano, ha trovato l’unanime appoggio della peggiore destra, formata da individui che una ottantina di anni fa si sarebbero ritrovati ad applaudire Hitler e Mussolini, ma non ha trovato purtroppo un significativo ripudio da parte di vari membri del partito della Boldrini stessa, per non parlare del governo italiano e del suo ministro degli Esteri, il cui opportunismo sta diventando addirittura proverbiale.

Fortunatamente a difesa della Boldrini sono intervenute le associazioni pacifiste e varie personalità, tra le quali voglio ricordare alcuni illustri cittadini israeliani come l’ex speaker della Knesseth Avraham Burg e vari importanti ex ambasciatori. Un appoggio più importante, in effetti, di quello non pervenuto dai codardi parlamentari italiani di destra e centro-sinistra, perché, pur esprimendo un sentimento ancora minoritario nella società israeliana, prefigura, col riconoscimento delle ragioni altrui e una volontà di cooperazione e pacifica convivenza, l’unica via d’uscita possibile alla perpetua crisi della regione. Quella pacifica convivenza basata su eguali diritti per Israeliani e Palestinesi che anche la comunità internazionale deve sempre più risolutamente promuovere.

Occorre augurarsi che l’anno che sta per iniziare segni decisivi passi avanti in questa direzione, anche grazie all’iniziativa della Corte penale internazionale, chiamata a giudicare crimini che vengono tuttora, e ogni giorno, commessi dalle forze di occupazione israeliana e dai coloni contro il popolo palestinese.

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Il 2022 deve essere l’anno della Palestina

Articolo pubblicato originariamente sul Fatto Quotidiano

Di Fabio Marcelli

Comincio questo articolo con un errata-corrige riferito a quello precedente. Il medico Foad Aodi, animatore dell’associazione Uniti per Unire di cui ho pubblicato l’appello per la difesa del Natale, non è di nazionalità egiziana, come avevo scritto in un primo momento, ma bensì palestinese. Sono molti del resto i medici palestinesi che operano in Italia. Voglio qui ricordare ancora una volta Nabeel Khair, che era vicepresidente dell’Associazione palestinese in Europa, primo medico di famiglia ucciso dal Covid in Sardegna, morto quindi combattendo la pandemia a beneficio del popolo italiano. E voglio citare anche il mio caro amico e compagno Yussef Salman, da molto tempo animatore infaticabile della comunità palestinese a Roma e in Italia.

La diaspora palestinese è oggi presente in moltissimi Stati dell’orbe terracqueo e in molte situazioni dà importanti contributi alle società che li ospitano. Ma il sogno di ogni palestinese è, come è ovvio che sia, poter tornare in patria, da cui sono stati violentemente espulsi nel corso degli ultimi settantadue anni a causa dell’occupazione israeliana, che spesso si accompagna a violenti pogrom.

Basta leggere le notizie che i nostri giornaloni e le nostre tv, sia “pubbliche” (in realtà quasi sempre asservite a partiti, soprattutto di destra) che private, tengono accuratamente nascoste, per rendersi conto che in Palestina è da tempo in corso un vero e proprio stillicidio di uccisioni, una sorta di genocidio a piccole dosi (342 uccisioni, di cui 86 di bambini nell’ultimo anno, secondo le Nazioni Unite). Tra le ultime vittime di questo massacro senza fine il tredicenne Mohammed Amjad Salem Da’das, che sognava di diventare giornalista, ed è stato invece assassinato da un cecchino israeliano con un colpo di precisione all’addome.

Mohammed è stato ucciso mentre erano in corso scontri tra uno degli eserciti meglio armati del mondo e gruppi di giovani disarmati, come avviene sempre più spesso in Palestina, quando i militari israeliani intervengono per dar man forte ai coloni che mirano oramai sempre più sfacciatamente ad espellere la popolazione palestinese dalle case dove vive da secoli. Si tratta di un piano di colonizzazione del territorio palestinese che ha per finalità la creazione di uno Stato ebraico che assomiglia sempre più chiaramente a quello sudafricano dell’apartheid, come ebbe a denunciare più volte il vescovo Desmond Tutu, che ci ha lasciati pochi giorni fa.

Qualcuno si era illuso che la fine di Netanyahu potesse determinare una qualche umanizzazione della politica israeliana, ma anche il governo in carica appare più che mai schierato a difesa dei coloni più oltranzisti e dei loro assalti alla popolazione palestinese. E’ del resto noto come il primo ministro Bennett, capo del Partito della Nuova Destra, costituisca uno dei principali referenti politici dei coloni e del loro criminale espansionismo. Al contempo, colle sue continue aggressioni alla Siria e le minacce nei confronti dell’Iran, il governo israeliano costituisce, insieme a quello saudita magnificato dall’Innominabile, e a quello di Erdogan, un fattore di destabilizzazione continua dell’intera situazione medio-orientale.

L’arroganza dell’attuale governo israeliano si è spinta al punto di attaccare pesantemente Laura Boldrini, per aver dato udienza alle organizzazioni non governative palestinesi accusate, in modo del tutto infondato, dal ministro della Difesa di Tel Aviv, Benny Gantz, di essere dedite ad attività terroristiche. Evidentemente per Gantz documentare le gravissime violazioni del diritto internazionale e i crimini di guerra e contro l’umanità commessi quotidianamente dagli occupanti israeliani, perché a questo sono dedite Al Haq ed altre associazioni palestinesi accusate, significa praticare il terrorismo giudiziario. Una ben strana idea dello Stato di diritto.

Ovviamente l’indegno attacco israeliano contro la Boldrini, lesivo fra l’altro dei diritti del Parlamento di uno Stato sovrano, ha trovato l’unanime appoggio della peggiore destra, formata da individui che una ottantina di anni fa si sarebbero ritrovati ad applaudire Hitler e Mussolini, ma non ha trovato purtroppo un significativo ripudio da parte di vari membri del partito della Boldrini stessa, per non parlare del governo italiano e del suo ministro degli Esteri, il cui opportunismo sta diventando addirittura proverbiale.

Fortunatamente a difesa della Boldrini sono intervenute le associazioni pacifiste e varie personalità, tra le quali voglio ricordare alcuni illustri cittadini israeliani come l’ex speaker della Knesseth Avraham Burg e vari importanti ex ambasciatori. Un appoggio più importante, in effetti, di quello non pervenuto dai codardi parlamentari italiani di destra e centro-sinistra, perché, pur esprimendo un sentimento ancora minoritario nella società israeliana, prefigura, col riconoscimento delle ragioni altrui e una volontà di cooperazione e pacifica convivenza, l’unica via d’uscita possibile alla perpetua crisi della regione. Quella pacifica convivenza basata su eguali diritti per Israeliani e Palestinesi che anche la comunità internazionale deve sempre più risolutamente promuovere.

Occorre augurarsi che l’anno che sta per iniziare segni decisivi passi avanti in questa direzione, anche grazie all’iniziativa della Corte penale internazionale, chiamata a giudicare crimini che vengono tuttora, e ogni giorno, commessi dalle forze di occupazione israeliana e dai coloni contro il popolo palestinese.

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